L’impatto del Coronavirus sulla psiche di adulti e bambini
L’impatto psicologico del Coronavirus è (e sarà) elevato. Lo confermano numerosi studi scientifici, lo ribadiscono i medici, le associazioni di categoria, le insegnanti, i genitori: infermieri e operatori sanitari si porteranno dietro le conseguenze a lungo, e così pure gli adulti e i bambini. Perché, se i primi hanno dovuto fare i conti con le vite perse e con l’impossibilità di salvare tutti, i secondi vivono da mesi tra lockdown, isolamento sociale, incertezze economiche e lavorative.
Coronavirus e isolamento sociale, le conseguenze sulla psiche di adulti bambini
Al di là della malattia in sé, che ha colpito centinaia di migliaia di famiglie italiane, la pandemia ha inficiato la vita di tutti. Bambini, adulti e anziani sono stati costretti a trascorrere lunghi periodi nelle loro case, per proteggersi e per proteggere. Una condizione obbligata di isolamento sociale, che ha portato con sé importanti conseguenze. Soprattutto per quei soggetti che, attorno alle interazioni sociali, costruiscono e vivono la loro vita.
L’impossibilità di comunicare di persona ha avuto un impatto molto forte soprattutto sui bambini e gli anziani. Gli adulti hanno infatti una più elevata capacità di sopportazione e di adattamento, hanno un’aspettativa di vita più lunga rispetto agli anziani e un carattere più formato rispetto ai bambini. Per loro, il contatto fisico e l’aggregazione, seppure importanti, hanno un’importanza meno “vitale”. Bambini e adolescenti hanno bisogno di un costante confronto coi loro coetanei: per giocare, per sfogarsi, per confidarsi, per confrontarsi. Gli anziani, invece, hanno bisogno della convivialità per tenere lontane ansia e depressione.
Del resto, quella che tutti abbiamo vissuto è una condizione davvero inedita: mai avremmo pensato di dover fare i conti con una forma simile di distanziamento fisico e sociale. C’è chi ha sperimentato la solitudine totale, chi il distacco dagli affetti più cari, chi – al contrario – si è trovato “intrappolato” in una convivenza forzata. Eppure, proprio da questa condizione, sono scaturiti elementi positivi. Forse per la prima volta, abbiamo avuto il tempo di riflettere senza interferenze sulla nostra vita, sul nostro grado di soddisfazione, sui progetti futuri. Siamo tornati ad apprezzare le piccole cose, abbiamo scoperto ciò che conta davvero. Abbiamo imparato ad apprezzare ogni momento di confronto e di scambio, abbiamo approfondito le relazioni che contano davvero. Ci siamo concentrati, rilassati, ascoltati. Come mai avevamo fatto.
Cosa succederà nel lungo periodo?
Non solo le persone soffrono la mancanza di socialità: sviluppano anche ansia, stress, angoscia. Il Covid-19 ha instillato la paura, ha “insegnato” a guardare agli altri con diffidenza. Così, se da un lato si soffre ad isolarsi in casa, dall’altro si ha il timore di uscire per contagiarsi. Soprattutto se si appartiene ad una delle cosiddette “fasce a rischio”. Gli adulti, dal canto loro, vivono nell’angoscia di perdere il lavoro e di precipitare nella difficoltà economica.
Come tenere a bada lo stress, dunque? Facendo appello alla propria resilienza. E, dunque, alla capacità di affrontare con positività un evento negativo. C’è chi nasce resiliente, e chi ha bisogno di “allenarsi” assumendo un atteggiamento di apertura e sforzandosi di trovare il lato positivo delle avversità. Se si è casa dal lavoro, fondamentale è non restare tutto il giorno sul divano ma costruirsi una routine giornaliera che comprenda anche piccoli premi (preparare una torta golosa, cucinare il proprio piatto preferito, regalarsi un rituale di benessere casalingo). Anche le tecniche di rilassamento possono venirci in aiuto, in quanto ci permettono di riconoscere le emozioni per poi lasciarle andare. La paura, soprattutto, non deve trasformarsi in ansia: bisogna evitare di pensare sempre al contagio, alla pandemia, a ciò che succede nel mondo. Meglio distrarsi, pensare ad altro davanti ad un film o ad un buon libro.
Tuttavia, a determinare l’impatto psicologico del Coronavirus, non è solamente il carattere della persona. È anche il livello di stress a cui è sottoposta. Basti pensare a chi lavora nell’ambito del turismo o della ristorazione, e ha dovuto fare i conti con prolungate chiusure e con la paura di dire addio al suo posto di lavoro. I soggetti più fragili, o più colpiti dalla pandemia, possono dunque sviluppare sintomi di disagio psichico leggeri che poi si fanno cronici. Ansia, depressione, stress e agorafobia sono dietro l’angolo.
Se pensi di non potercela fare da solo, da Fisioclinic puoi trovare tutto il supporto psicologico di cui hai bisogno.